Rilascio Miofasciale - Myofascial Release
Sciogliere i nodi muscolari causati dalle cattive abitudini
La Fascia è il più abbondante tessuto connettivo presente nel nostro corpo, di consistenza simile ad un gel molto acquoso conosciuto come matrice extracellulare, che circonda e avvolge muscoli, ossa, articolazioni, organi e nervi, e sostiene e collega l’intera struttura corporea.
In uno studio pubblicato sul “Journal of Multidisciplinary Healthcare (Clinical and Symptomatological Reflections: The Fascial System)”, gli autori , Drs. B & Z, rivelano che “La struttura corporea di ognuno di noi è avvolta da un tessuto connettivo, o fascia, creando una continuità strutturale che dà forma e funzione a tutti i tessuti e organi. Il corpo umano deve essere considerato come un’unità funzionale, dove ogni area è in comunicazione con un’altra attraverso il continuum fasciale, originando conseguentemente un perfetto equilibro di integrità tensile o tensegrità.”
Da quanto affermato si evince che la fascia, oltre a conferire un continuum strutturale e meccanico, mette in comunicazione area diverse del nostro corpo.
Nella foto sotto possiamo vedere alcuni esempi di connessioni fasciale (Myofascial Meridians) presenti nel nostro corpo, grazie alla rappresentazione grafica sviluppata da Thomas W. Myers in Anatomy Trains.
Il termine “tensegrità” fu coniato dal teorico, architetto, designer, autore, ingegnere e inventore, Buckminster Fuller con lo scopo di descrivere “L’uso di componenti isolati in compressione all’interno di una rete di tensione continua, in modo tale che i membri compressi (solitamente barre o strutture solide) non si tocchino tra loro e i membri pre-tensionati (solitamente cavi o tendini) delineino il sistema nello spazio”.
In parole semplici, il termine descrive il delicato equilibrio tra tensione (forze di trazione) e compressione (forze di spinta). Nel corpo umano il concetto di tensegrità spiega la relazione e collegamento tra componenti strutturali distanti tra loro, implicando quanto sia sconsiderato analizzare il corpo in singoli compartimenti stagni e non nella sua interezza.
La fascia può essere suddivisa in superficiale, profonda e viscerale.
La fascia superficiale è lo strato situato al di sotto della pelle e presenta una quantità variabile di tessuto adiposo. Questo strato serve da passaggio per vasi linfatici, nervi e vasi sanguigni e come protezione contro agenti esterni. In presenza di restrizioni o adesioni fasciali, questi vasi e terminazioni nervose vengono compresse causando una diminuzione della loro funzionalità.
La fascia profonda, come il nome descrive, è situata al di sotto della fascia superficiale e racchiude, inglobando, i nostri muscoli e ossa. Questo tipo di fascia è ricca di fibre elastiche, attribuendole la propria resilienza e capacità elastica essenziale nel movimento, e recettori sensoriali coinvolti nella propriocezione.
La fascia viscerale è lo stato di fascia più profondo ed avvolge gli organi interni. Esempi di fascia viscerale sono il pericardio (fascia del cuore), le meningi (fascia del cervello) e la pleura (fascia dei polmoni). La funzione principale della fascia viscerale è di sospendere gli organi all’interno delle loro cavità.
Ogni strato di fascia ha la propria funzione specifica, ma in generale le funzione della fascia sono le seguenti:
- Fornire supporto strutturale,
- Proteggere muscoli e organi,
- Trasmettere segnali di dolore grazie alla presenza di terminazioni nervose,
- Ridurre la frizione tra tessuti posti su strati differenti (pensiamo a muscoli posti uno sotto l’atro che devono svolgere funzioni differenti).
Il corpo umano è composto per il 55%-70% da acqua fino ad arrivare a circa 90% nei neonati. L’acqua corporea è organizzata della fascia in una rete strutturata, inglobando ogni singola goccia, a sua volta raggruppando più gocce d’acqua insieme fino a formare un membrana, raggruppando più membrane insieme fino a formarne una più grande e cosi via. Questo permette all’acqua di rimanere “sospesa nella spazio” e non cadere verso il suolo, cosa che darebbe alle nostre gambe l’aspetto di un pallone d’acqua. Per esempio, il tendine d’Achille è composto per il 63% d’acqua.
Il processo d’invecchiamento può essere visto come un processo di essiccazione dove, anno dopo anno, la percentuale di acqua diminuisce rendendo la fascia meno malleabile ed elastica. Oltre a questo fattore purtroppo inevitabile, la maggior causa di disidratazione, irrigidimento e adesione fasciale è l’infiammazione. Oggi viviamo in un ambiente molto diverso da quello dei nostri antenati e la vita in generale è diventata molto più complessa. Movimento, aria non inquinata, acqua pulita e cibo nutriente non sono più variabili cosi scontate.
Alcune cause maggiori di infiammazione sono attribuibili a:
- Sedentarietà,
- Cattiva nutrizione,
- Eccessivo uso di caffeina,
- Movimenti ripetitivi,
- Tossine e pesticidi,
- “Cattivo movimento” (biomeccanica) che non rispetta il concetto di tensegrità,
- Campi elettromagnetici,
- Luci artificiali,
- Lunga permanenza in luoghi chiusi.
A questo punto una domanda potrebbe sorgere spontanea: come si può reidratare la fascia ristabilendo elasticità e rallentando il processo di invecchiamento?
Essendo il corpo umano un sistema molto complesso la risposta non potrà che essere anch’essa complessa.
Parto subito dicendo che bere solamente più acqua non è la soluzione. Se i tessuti non sono “pronti” a ricevere l’acqua che ingeriamo, questo aumenterebbe solo il rischio di andare al bagno eccessivamente perdendo importanti sali minerali.
Dobbiamo vedere i nostri tessuti come una spugna. Per assicurarci che questa spugna si impregni d’acqua, per prima cosa dovremmo strizzarla. Un processo simile accade nel nostro corpo dove per reidratare zone rimaste immobili e rigide per un periodo relativamente lungo, dovremo comprimere dapprima i tessuti per permettere successivamente all’acqua di idratare i tessuti stessi, portando con se sostanze addette alla riparazione.
Ricapitolando, non è importante quanto beviamo ma dove l’acqua si andrà a collocare. Quindi come possiamo “strizzare la spugna” dei nostri tessuti per permettere di idratarci? La risposta è movimento vario che coinvolga più catene cinetiche e rispetti la nostra tensegrità, il conseguente riposo e il rilascio miofasciale.
Il movimento e l'attività fisica, se fatta in maniera corretta, andrà a creare allungamento in presenza di tensione dei nostri tessuti (muscoli, tendini, legamenti), “spremendo” l’acqua fuori dai tessuti. Successivamente, durante la fase di riposo, la “spugna” dei nostri tessuti riassorbirà l’acqua che noi ingeriamo. Per questo motivo è importante cercare di muovere ogni singola parte del corpo, dai piedi al cranio, per consentire all’acqua di idratarci.
Per quanto riguarda il rilascio miofasciale (muscolo-fasciale), è una tecnica sicura e molto efficace che consiste nell’applicare una pressione sostenuta al tessuto miofasciale, in modo da gestire ed eliminare dolori cronici, restrizioni muscolari e adesioni fasciali, migliorando così mobilità e raggio di movimento.
Pensiamo al nostro corpo come un pezzo di argilla. Un neonato è molto malleabile proprio come l’argilla, nel senso che la sua capacità di essere manipolato assumendo “forme” diverse è molto alta. In fase di crescita il nostro corpo, come l’argilla, comincerà a prendere una forma fissa con caratteristiche ben precise. Con l’invecchiamento, proprio come quando l’argilla si secca, la nostra capacità di assumere forme diverse, essere flessibile, e quindi adattarci, si riduce notevolmente, diventando più suscettibili ad infortuni, meno propensi al cambiamento e fragili.
Il rilascio miofasciale può essere visto come l’azione di aggiungere acqua a un pezzo di argilla secco, idratandolo e rendendolo nuovamente malleabile. Questo permetterà inoltre di riportare consapevolezza in aree del corpo che non sono state mobilizzate da tempo, creando nuovi input neurologici.
Il rilascio miofasciale può essere svolto da un terapista qualificato o molto più comodamente a casa, utilizzando degli strumenti adatti, come palline (trigger ball), foam rollers (personalmente preferisco un tubo di PVC) e molto altro.
La pratica del rilascio miofasciale ha preso abbastanza piede negli ultimi anni nella maggior parte delle palestre e dei centri sportivi ma, molto spesso, le tecniche utilizzate non sono le più adatte per creare un reale cambiamento ai nostri tessuti. Specialmente per le persone alle prime armi, l’ordine con cui viene condotto il rilascio è estremamente importante e dovrebbe rispettare una determinata sequenza, come avviene in edilizia, non si ripara il tetto prima di avere consolidato le fondamenta.
Stessa cosa dovrebbe accadere con il rilascio miofasciale, dando priorità dapprima alle aree che sono alla radice delle nostre disfunzioni. Oltre ai benefici relativi a movimento e dolore cronico, il rilascio miofasciale aiuta a ridurre stress e tensioni emozionali, inducendo calma e benessere essenziali per promuovere una corretta fisiologia e funzione immunitaria.
Chi ha sviluppato il proprio lavoro sui principi di tensegrità, movimento e salute, è Functional Patterns (FP). FP è una metodologia d’allenamento che mira a connettere l’uomo alle suo radici biologiche.
Durante la propria evoluzione, l’essere umano ha sviluppato tre meccaniche del movimento primarie, quali il passo, la corsa e il lancio, frutto della necessità di spostarsi, inseguire o scappare da una preda, cacciare e procurarsi il cibo.
Lo stile di vita moderno ci ha portato a disconnetterci da quello che è il nostro blueprint biologico, portando con sé dolori frequenti e malattie croniche.
Sarà quindi essenziale rispettare quelle che sono le meccaniche primarie del movimento per ristabilire un più ottimale assetto psicofisico.
Articolo a cura di:
Filippo Tommaso Busa
Human Biomechanics Specialist
Practitioners Functional Patterns